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- Identificato il primo caso di variante Nimbus a Genova in un paziente di 69 anni.
- A metà maggio Nimbus era il 10,7% delle sequenze globali.
- Negli Stati Uniti, Nimbus ha superato il 50% dei casi isolati.
Identificato in Italia il primo caso della variante Nimbus
Il sistema sanitario italiano ha recentemente registrato la comparsa del primo caso di Covid NB.1.8.1, ora ribattezzata “Nimbus”. La localizzazione è avvenuta a Genova, precisamente all’ospedale San Martino, dove un paziente di 69 anni, con un pregresso quadro clinico ematologico, è risultato positivo al test naso-faringeo durante un normale controllo ambulatoriale. La conferma è arrivata da Giancarlo Icardi, illustre coordinatore del laboratorio di igiene regionale e riferimento ligure per l’Istituto Superiore di Sanità, attraverso un’intervista rilasciata all’ANSA. Icardi ha specificato che la “Nimbus” fa parte delle varianti Covid tenute sotto stretta osservazione a livello globale, considerata la sua crescente diffusione in confronto ad altre varianti attuali. Questo caso segna, di fatto, l’ingresso ufficiale della variante nel paese.
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Caratteristiche e diffusione globale della variante Nimbus
Analizzando le peculiarità e la diffusione mondiale della variante Nimbus, questa, derivante dal ceppo ricombinante XDV.1.5.1, ha ricevuto la classificazione di “Variant under monitoring” (VUM) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 23 maggio. Tale designazione indica un livello di allerta minore rispetto alle varianti di interesse (VOI) o alle varianti preoccupanti (VOC). A livello genetico, Nimbus si differenzia dalla variante precedentemente predominante, LP.8.1, per mutazioni specifiche posizionate nella proteina Spike (T22N, F59S, G184S, A435S, V445H, T478I). La proteina Spike svolge un ruolo essenziale nel processo di infezione, consentendo al virus di ancorarsi alle cellule umane. Le mutazioni rilevate in Nimbus sembrano potenziarne la contagiosità. Ciononostante, come evidenziato da Icardi, questa variante non manifesta una virulenza comparabile a quella riscontrata nelle prime fasi della pandemia o con le varianti iniziali.
Secondo un rapporto dell’OMS, la variante è stata scoperta per la prima volta il 22 gennaio. A metà maggio, NB.1.8.1 rappresentava il 10,7% delle sequenze globali caricate su GISAID, una crescita notevole rispetto al 2,5% rilevato solamente quattro settimane prima. La sua presenza è aumentata in diverse zone del pianeta: nel Pacifico occidentale è passata dall’8,9% all’11,7%, nelle Americhe dall’1,6% al 4,9% e in Europa dall’1% al 6% tra marzo e aprile di quest’anno. *Al contrario, un numero limitato di sequenze è stato rilevato nel sud-est asiatico, e nessuna è stata finora accertata nel continente africano e nella regione del Mediterraneo orientale.* Negli Stati Uniti, Nimbus ha già superato il 50% dei casi isolati, un dato che, secondo Icardi, suggerisce una sua potenziale espansione anche in Italia.
Nonostante la sua maggiore capacità di diffusione, l’OMS valuta il rischio aggiuntivo per la salute pubblica come “basso”. L’organizzazione riafferma che i vaccini Covid-19 attualmente autorizzati conservano la loro efficacia nel contrastare la malattia sintomatica e grave provocata da questa variante. In un contesto sanitario sempre più complesso, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha suggerito un adeguamento ai vaccini nell’ambito della futura campagna di vaccinazione. Questo passo è motivato dalla necessità di affrontare con maggiore efficacia le recenti mutazioni virali, in particolare quelle associate a Nimbus. Le alterazioni identificabili nelle posizioni 445 e 478 della proteina Spike sono state osservate aumentare il legame del virus con le cellule umane e comportano una lieve diminuzione nella capacità neutralizzante di alcuni anticorpi esistenti. Nonostante ciò, indagini effettuate sia su modelli animali che su campioni sanguigni umani hanno rivelato che i vaccini sviluppati sulla base delle linee JN.1, KP.2 o LP.8.1 conservano una soddisfacente efficacia nei confronti della suddetta variante.
Monitoraggio e prospettive future
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle sue comunicazioni recenti, ha rimarcato la necessità cruciale del monitoraggio costante delle dinamiche epidemiologiche. Nonostante gli incrementi attuali nell’attività del virus Sars-Cov-2 si allineino grosso modo ai livelli registrati nello stesso periodo dell’anno passato, risulta evidente che non è ancora possibile identificare una marcata stagionalità nella diffusione virale. Riguardo alla variante conosciuta come Nimbus, sebbene essa non sembri comportare un incremento significativo nella severità clinica dei casi, necessita comunque d’essere monitorata con attenzione per via della sua veloce propagazione. In particolar modo, ciò che accade a Genova potrebbe ben rappresentare un punto critico dal quale potrebbe dipanarsi una seria diffusione sia a livello locale che nazionale riguardo ai casi positivi al Covid. Di conseguenza, è fondamentale che sia facilitato da parte dell’OMS, insieme al suo Technical Advisory Group on Virus Evolution (TAG-VE), lo svolgimento approfondito delle analisi relative alla neutralizzazione e una sorveglianza accurata sugli indici legati alla gravità dei sintomi; tutto ciò al fine d’assicurarsi una comprensione adeguata degli effetti generali associati a questa nuova variante.
La decisione adottata dall’OMS circa la proroga delle linee guida emanate dal suo Direttore Generale sui temi legati al Covid-19 sino ad aprile 2026 mette chiaramente in luce quanto sia essenziale mantenere elevata la guardia; questa azione deve essere vista come parte integrante dei programmi volti alla prevenzione su larga scala.

Verso una gestione proattiva delle varianti future
La comparsa della variante Nimbus sul suolo italiano mette in luce quanto sia imprescindibile mantenere una sorveglianza genomica attiva accanto a risposte agili ed efficienti nei confronti delle minacce sanitarie emergenti. È fondamentale riuscire ad individuare con prontezza nuove varianti biologiche, esaminandone le possibili ripercussioni sulla salute collettiva per attenuare i rischi associati. Il bagaglio d’esperienze acquisito durante la crisi del Covid-19 ha confermato quanto sia cruciale canalizzare investimenti nelle infrastrutture riguardanti ricerca e sviluppo, oltre alla necessità d’incentivare scambi internazionali su dati cruciali nei momenti critici. Affrontando con determinazione tali problematiche si potrà sperare nella salvaguardia della sicurezza sanitaria mondiale.
Cari lettori, fermiamoci un istante a contemplare questa realtà: nell’ambito attuale dell’innovazione farmaceutica non è sufficiente limitarsi solo all’ingegnerizzazione di avanguardistici vaccini o medicinali innovativi; il modello economico-sanitario contemporaneo deve inglobare sistemi avanzati dedicati al monitoraggio epidemiologico, unitamente a metodi strategici volti alla corretta informazione del pubblico circa i rischi sanitari nel tentativo incisivo di contrasto alle fake news circolanti.
Si tratta indubbiamente di una nozione fondamentale, sebbene basica.
Esplorando ulteriormente il tema, emerge un concetto più sofisticato concernente lo sviluppo di sistemi tecnologici avanzati che impiegano l’intelligenza artificiale per anticipare l’evoluzione delle varianti virali e personalizzare le terapie. Immaginate un avvenire nel quale i vaccini si possano modificare istantaneamente in risposta alle mutazioni del virus, garantendo così un livello ottimale di protezione per ogni singolo individuo. Questo rappresenta il percorso da intraprendere.
È opportuno riflettere su come le scelte fatte da ciascuno – quali la vaccinazione e il rispetto delle misure preventive – abbiano ripercussioni su uno scenario complessivo dedicato alla sicurezza collettiva. L’esperienza pandemica ha rivelato quanto siamo interconnessi e come la condizione sanitaria individuale sia profondamente legata al benessere della comunità nel suo insieme.