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Boycott of Israeli drugs: what are the risks?

The decision of a municipality to suspend the sale of Israeli drugs has sparked controversy. We delve into the health, economic and legal implications of this unprecedented measure.
  • Sesto Fiorentino suspends sales of Israeli drugs, a first in Italy.
  • 1,400 employees at risk in Teva's Italian plants.
  • The decision may violate patients' rights under Article 32.

La decisione del Comune di Sesto Fiorentino di sospendere la vendita di farmaci di provenienza israeliana dalle farmacie comunali ha sollevato un’ondata di polemiche e interrogativi. Questa iniziativa, motivata da ragioni politiche legate al conflitto israelo-palestinese e all’azione militare israeliana contro l’Iran, rappresenta un precedente significativo nel panorama italiano, segnando il primo caso di applicazione formale del boicottaggio economico nei confronti di Israele da parte di un’amministrazione pubblica con impatto diretto su un servizio essenziale come la sanità.

La scelta, promossa dal sindaco Lorenzo Falchi, ha innescato un acceso dibattito che trascende le mere considerazioni politiche, toccando nervi scoperti relativi al diritto alla salute, all’etica professionale dei farmacisti e alle implicazioni economiche per l’industria farmaceutica nazionale. Il boicottaggio, infatti, colpisce direttamente aziende come Teva, multinazionale farmaceutica israeliana leader nella produzione di farmaci generici, con una forte presenza in Italia e un ruolo cruciale nell’accessibilità a terapie salvavita per migliaia di pazienti.

Implicazioni sanitarie e legali: un diritto a rischio?

La sospensione della vendita di farmaci israeliani solleva serie preoccupazioni riguardo al diritto alla salute dei cittadini, sancito dall’articolo 32 della Costituzione Italiana. La decisione del Comune di Sesto Fiorentino, infatti, introduce un elemento di discrezionalità politica nella dispensazione dei farmaci, potenzialmente limitando l’accesso dei pazienti alle terapie più appropriate in base alle loro esigenze mediche.

Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), ha sottolineato l’illegittimità di tale interferenza politica, ribadendo che la direzione tecnica della farmacia è competenza esclusiva del farmacista, non del Comune. Questa presa di posizione evidenzia un conflitto tra le prerogative dell’amministrazione locale e l’autonomia professionale dei farmacisti, chiamati a garantire la salute pubblica nel rispetto delle normative vigenti.
Secondo il <a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1938-09-30;1706“>Regio Decreto n. 1706 del 1938, i farmacisti hanno l’obbligo esplicito di non negare la vendita dei medicinali di cui dispongono e di non rifiutare l’esecuzione di prescrizioni mediche relative a farmaci disponibili. L’azione intrapresa dal Comune di Sesto Fiorentino sembra pertanto configgere con un quadro normativo che non ammette deroghe per ragioni politiche, specialmente trattandosi di un servizio fondamentale come la protezione della salute pubblica.

Cosa ne pensi?
  • ✅ Ottima iniziativa! Finalmente un comune che si schiera......
  • 😡 Boicottare farmaci mette a rischio la salute dei cittadini......
  • 🤔 E se invece di boicottare, incentivassimo alternative terapeutiche...?...

L’impatto economico e industriale: un boomerang per l’Italia?

Oltre alle implicazioni sanitarie e legali, il boicottaggio dei farmaci israeliani potrebbe avere ripercussioni significative sull’industria farmaceutica italiana. Aziende come Teva, con una solida presenza sul territorio nazionale, investono in ricerca e sviluppo e danno lavoro a migliaia di persone. Escludere i loro prodotti dal mercato locale potrebbe compromettere gli investimenti, l’occupazione e la competitività del settore farmaceutico italiano.

Teva Italia, per esempio, dispone di una sede commerciale ad Assago (MI) e di quattro impianti produttivi distribuiti tra Lombardia e Piemonte, con un organico di circa *1.400* addetti. I medicinali di questa azienda, sviluppati e realizzati sul suolo italiano, rappresentano una componente abituale dei regimi terapeutici di innumerevoli cittadini. La mossa del Comune di Sesto Fiorentino, dunque, rischia di penalizzare non solo un’impresa di origine israeliana, ma anche l’intera filiera farmaceutica del nostro paese.

È cruciale sottolineare che la competenza in materia di politica estera ricade sullo Stato centrale, non sugli enti locali. L’eventuale decisione di ogni singola amministrazione comunale di delineare una propria sfera d’azione internazionale darebbe luogo a un cortocircuito istituzionale dannoso e contraddittorio. Interrompere unilateralmente intese commerciali, porre filtri alla disponibilità di farmaci in farmacia in base al loro paese d’origine, e sostituire farmaci senza una giustificazione clinica condivisa, equivale a snaturare la funzione della farmacia quale primo punto di contatto con il sistema sanitario sul territorio.

Oltre il boicottaggio: un’opportunità per ripensare l’innovazione farmaceutica

La vicenda del boicottaggio dei farmaci israeliani a Sesto Fiorentino, al di là delle polemiche e delle implicazioni immediate, offre l’opportunità di riflettere sul ruolo dell’innovazione farmaceutica e sull’importanza di garantire l’accesso equo e sostenibile alle terapie per tutti i cittadini.

In un contesto globale sempre più complesso e interconnesso, è fondamentale promuovere un approccio collaborativo e multidisciplinare all’innovazione farmaceutica, che coinvolga istituzioni, aziende, ricercatori e pazienti. Solo attraverso un dialogo aperto e costruttivo sarà possibile superare le divisioni ideologiche e costruire un futuro in cui la salute sia un diritto universale, non un privilegio.

L’innovazione farmaceutica, in questo senso, non deve essere intesa solo come lo sviluppo di nuovi farmaci, ma anche come la capacità di rendere accessibili le terapie esistenti a un numero sempre maggiore di persone, attraverso politiche di prezzo e rimborso adeguate, la promozione dei farmaci generici e la semplificazione delle procedure burocratiche.
Un business case farmaceutico moderno, pertanto, deve tenere conto non solo dei profitti, ma anche dell’impatto sociale e ambientale delle proprie attività, contribuendo attivamente alla costruzione di un sistema sanitario più equo, efficiente e sostenibile.

Amici lettori, riflettiamo insieme: in un mondo sempre più interconnesso, dove la salute è un bene prezioso e l’innovazione farmaceutica una risorsa fondamentale, possiamo permetterci di erigere muri ideologici che ostacolano l’accesso alle cure? Non è forse il momento di superare le divisioni e lavorare insieme per costruire un futuro in cui la salute sia un diritto garantito a tutti, senza distinzioni di razza, religione o provenienza geografica?

Un concetto base di innovazione farmaceutica applicabile a questo tema è l’accessibilità. Rendere i farmaci disponibili a tutti, indipendentemente dalla loro origine, è un principio fondamentale. Un concetto avanzato è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Dipendere da un unico fornitore può creare vulnerabilità; avere alternative, anche da paesi diversi, garantisce la continuità delle cure.

Spero che queste riflessioni vi siano utili.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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