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- Il CTS autorizzò "open day" AstraZeneca nonostante rischio per i giovani.
- EMA indicava basso rischio trombotico (1,1 su 100.000) solo per i 50-59 anni.
- Palù rivelò "pressioni ministeriali" per abbassare l'età sotto i 60 anni.
Pressioni Politiche e Dubbi Etici nel CTS
Nel cuore del 2021, mentre la pandemia di Covid-19 imperversava, il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) si trovò al centro di un acceso dibattito riguardante la sicurezza e l’efficacia del vaccino AstraZeneca. A distanza di anni, emergono oggi videoregistrazioni che svelano un clima di tensione, dubbi e possibili pressioni politiche, gettando una nuova luce sulle decisioni prese in quel periodo critico.
Le registrazioni, acquisite nell’ambito dell’indagine sulla tragica morte di Camilla Canepa, una giovane diciottenne, rivelano discussioni accese tra i membri del CTS. Il nodo cruciale era l’uso del vaccino AstraZeneca, in un contesto di incertezza a livello europeo e di segnalazioni di eventi avversi, in particolare tra le giovani donne. La situazione era resa ancora più complessa dalla scarsità dei vaccini Pfizer/Biontech e Moderna, che spingeva verso l’utilizzo delle scorte disponibili di AstraZeneca.
Il 7 aprile 2021, l’Italia, seguendo l’esempio di altri Paesi, aveva inizialmente “consigliato” l’uso di AstraZeneca solo per gli over 60. Tuttavia, a metà maggio, il CTS autorizzò le Regioni a organizzare “open day” con AstraZeneca per i maggiorenni “volontari”. Questa decisione, apparentemente basata su un report dell’EMA che indicava un basso rischio di eventi trombotici (1,1 su 100.000 somministrazioni), ignorava il fatto che tale dato fosse valido solo per la fascia d’età 50-59 anni.
Il Dilemma Etico: Rischio Individuale vs. Beneficio Collettivo
Le videoregistrazioni rivelano le preoccupazioni espresse da alcuni membri del CTS. Donato Greco riconobbe che gli eventi avversi erano rari, ma comunque “un effetto riconosciuto associato alla vaccinazione”. Sergio Abrignani, in modo particolarmente incisivo, sottolineò che, in presenza di alternative più sicure, non aveva senso rischiare “anche un solo morto” per somministrare AstraZeneca, soprattutto se il ritardo nell’utilizzo di altri vaccini fosse stato di soli “dieci giorni”.
Giorgio Palù, allora numero uno di AIFA, espresse forti riserve sull’estensione dell’uso del vaccino alle fasce d’età più giovani, suggerendo di non andare oltre i 50-59 anni. Alla fine, si giunse a una soluzione di compromesso: una “non raccomandazione” senza divieto esplicito, aprendo la strada agli “open day” con adesione “volontaria”.
La lettera inviata alle Regioni dal capo di gabinetto del commissario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, il 12 maggio 2021, sancì di fatto l’autorizzazione a offrire i vaccini a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson&Johnson) a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni. Questa decisione, come noto, precedette di poco il tragico decesso di Camilla Canepa e altri casi di gravi reazioni avverse, riportando la sicurezza di AstraZeneca al centro del dibattito.
- AstraZeneca, un vaccino che ha salvato vite… 🤔...
- Le pressioni politiche hanno compromesso la sicurezza? 😠...
- E se AstraZeneca fosse stata una scelta necessaria…? 🤷♀️...
Le Pressioni Ministeriali e il Fuorionda di Palù
La riunione dell’11 giugno fu segnata da un fuorionda clamoroso di Giorgio Palù, che, con il microfono aperto, rivelò di aver subito “pressioni ministeriali” per abbassare l’età per la somministrazione di AstraZeneca e Johnson&Johnson sotto i 60 anni. Palù adombrò l’esistenza di “insistenze o desiderata ministeriali” che lo spingevano a rivedere la sua posizione, suscitando il panico tra gli altri membri del CTS, che cercarono di farlo tacere.
Queste rivelazioni gettano un’ombra inquietante sulla gestione della campagna vaccinale, sollevando interrogativi sull’indipendenza delle decisioni scientifiche e sul ruolo della politica. Il 9 giugno, solo due giorni prima del fuorionda di Palù, il ministro Speranza aveva invitato a “gestire la materia” dei vaccini con delicatezza, sottolineando l’importanza di “spingere il più possibile” e di non creare dubbi sulla loro sicurezza.
Un altro aspetto controverso emerso dalle registrazioni riguarda la comunicazione all’esterno. In una riunione di maggio, Franco Locatelli interruppe Silvio Brusaferro mentre presentava uno studio sull’incidenza della pandemia, temendo che una rappresentazione dei dati potesse far passare il messaggio che AstraZeneca fosse meno efficace degli altri vaccini, trasformandolo in un “vaccino di serie B”. Locatelli sottolineò l’importanza di dare il messaggio che “tutti i vaccini funzionano”, invitando alla “assoluta riservatezza” sulla discussione.

Il Peso delle Parole: Conseguenze e Responsabilità
Le rivelazioni contenute nelle videoregistrazioni del CTS hanno suscitato forti reazioni nel mondo politico e scientifico. Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Covid, ha chiesto l’acquisizione dei verbali dell’interrogatorio di Palù e la sua convocazione in audizione, sottolineando la necessità di fare chiarezza sulle “scelte dei Governi” e sulle “pressioni” subite dalla scienza.
Le parole pronunciate durante le riunioni del CTS, spesso in forma di fuorionda, rivelano un clima di incertezza, di conflitto e di possibili pressioni esterne. La frase “Se lo scriviamo, è la pietra tombale”, pronunciata in riferimento alla questione della sicurezza del vaccino AstraZeneca, evidenzia la consapevolezza dei rischi e delle conseguenze di una comunicazione trasparente e completa.
Marco Lisei ha commentato le parole di Abrignani, che aveva paventato la possibilità di decessi a causa di errori nella somministrazione di eparina, definendole “abbastanza gravi” e chiedendo che Palù si assumesse la responsabilità delle sue affermazioni. La Commissione Covid ha annunciato l’acquisizione dei filmati e l’intenzione di chiedere spiegazioni ai protagonisti di questa vicenda.
Verità e Trasparenza: Un Imperativo per il Futuro della Sanità Pubblica
Le rivelazioni sul caso AstraZeneca sollevano interrogativi fondamentali sulla gestione delle emergenze sanitarie, sull’indipendenza della scienza e sulla trasparenza delle decisioni. È essenziale che la verità venga a galla, non solo per onorare la memoria delle vittime, ma anche per garantire che errori simili non vengano ripetuti in futuro. La fiducia dei cittadini nella sanità pubblica dipende dalla capacità delle istituzioni di agire con integrità, trasparenza e responsabilità.
L’innovazione farmaceutica e i business case ad essa collegati devono sempre tenere conto del bilanciamento tra rischio e beneficio, un concetto base ma fondamentale. Nel caso di AstraZeneca, la fretta di trovare una soluzione alla pandemia ha portato a decisioni che, alla luce dei fatti, appaiono quantomeno discutibili. Un approccio più cauto e trasparente avrebbe potuto evitare conseguenze tragiche.
Un concetto più avanzato riguarda la “pharmacovigilance attiva”, ovvero un sistema di monitoraggio continuo e proattivo degli effetti avversi dei farmaci, basato sull’analisi di dati real-world e sull’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale. Questo approccio permetterebbe di individuare tempestivamente segnali di allarme e di intervenire in modo mirato, minimizzando i rischi per la popolazione.
Riflettiamo: cosa sarebbe successo se la comunicazione fosse stata più trasparente fin dall’inizio? Avremmo potuto evitare la tragedia di Camilla Canepa? La risposta a queste domande è complessa, ma una cosa è certa: la trasparenza e la responsabilità sono pilastri fondamentali per costruire una sanità pubblica più forte e resiliente.